L’economia sommersa vale una cifra pazzesca

Il famoso introito derivante dall’economia sommersa, è da sempre una sorta di economia parallela, in grado di produrre dei risultati notevoli, in grado di far impallidire qualsiasi tipo di finanziaria. Nel 2017 l’economia non “regolare”, ha prodotto circa 211 miliardi di euro. Numeri davvero incredibili, che valgono il 12,1% del Pil. Questo è quello che emerge dall’ultimo rapporto dell’Istat. In questo è stato messo in evidenza come l’economia sommersa produca poco meno di 192 miliardi di euro, mentre le attività illegali circa ben 19 miliardi.

L’anno 2017 è stato quello della ripresa per il lavoro sommerso

Il lavoro, che definiremo anche volgarmente in nero, poteva vantare nel 2017 un numero pari a 3 milioni 700 mila unità non regolari. Un numero che ha messo in evidenza una crescita di circa 25 mila unità rispetto all’anno precedente. L’aumento della componente irregolare, segna la ripresa di un fenomeno, che è la cartina tornasole della mancanza di lavoro, che in un certo modo, fa il palio con la crescita del lavoro in nero. Nel 2016 questo dato si era invece attenuato, seppur in maniera lieve. Più in dettaglio, nel 2017 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a poco meno di 211 miliardi di euro, con un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil si è perciò lievemente ridotta di circa lo 0,1% nel 2016, e confermando la tendenza in atto dal 2014, anno in cui si era raggiunto un picco di circa il 13%. Guardando alla composizione dell’economia non osservata, ovvero il peso percentuale che ciascuna componente ha sul totale dell’economia non osservata, ci sono delle questioni interessanti che sono state rilevate.

L’ncidenza del lavoro irregolare

L’incidenza del lavoro irregolare, rileva l’Istat, è più elevata nel settore dei servizi (16,8%) e raggiunge livelli particolarmente elevati nel comparto degli altri servizi alle persone (47,7%), dove la domanda di prestazione lavorative non regolari da parte delle famiglie è rilevante. Molto significativa risulta la presenza di lavoratori irregolari anche in agricoltura (18,4%), nel settore edile (17,0%) e nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,8%). Sono presenti in questo campi, un numero cospicuo di extracomunitari, che compongono gran parte dei lavoratori in nero, presenti all’interno del nostro territorio nazionale. In termini assoluti, nel comparto del commercio e quello degli altri servizi alle persone sono impiegate il 61% del totale delle unità di lavoro non regolari. Nell’industria invece, la diffusione del lavoro irregolare è abbastanza contenuta, si parla infatti di circa un 7,6% di lavoratori non regolari. Al suo interno vi sono infatti delle differenziazioni. Il comparto della produzione di beni alimentari e di consumo presenta il tasso di lavoratori irregolari più elevato, circa il 9,3%. Il confronto tra settori evidenzia che in agricoltura l’incidenza del lavoro irregolare dipendente è quasi 5 volte superiore a quello del lavoro indipendente, imsomma numeri importanti ed a tratti imbarazzanti. Negli altri servizi, ad esempio alle imprese e nel comparto istruzione, sanità e assistenza sociale, il tasso di irregolarità degli indipendenti è oltre il doppio di quello dei dipendenti. Questo il quadro generale del lavoro irregolare, e dei numeri che riesce a produrre.